MATER

"Sette artisti per un omaggio alla donna"
a cura dell'Associazione Gruppo Dinamo
con il Patrocinio del Comune di Borgo San Lorenzo
18 Dicembre 2021 - 27 Marzo 2022
Inaugurazione Sabato 18 Dicembre ore 11.30
Palazzo Comunale di Borgo San Lorenzo (Fi)
Ogni artista esporrà a turno una propria opera
nell'atrio del Palazzo Comunale
Costantino Gradilone 18 Dicembre-31Dicembre
Antonio Giachetti 1Gennaio-14 Gennaio
Tiziana Salvatici 15 Gennaio-28Gennaio
Carlo M. Nobile 29 Gennaio-12 Febbraio
Erika Pinzani  13 Febbraio-26 Febbraio
Paola Venturi 27 Febbraio-13 Marzo
Paola Margheri 14 Marzo-27 Marzo
Presentazione di
Dott.ssa Patrizia Cammunci e Massimo Innocenti

"Sette artisti per un omaggio alla donna.
Una mostra all’interno del palazzo comunale, che vede al centro la donna. Una mostra che permette di riflettere sulla figura femminile, sul ruolo della donna nella società, sulla maternità, sui percorsi e i diritti conquistati ma anche sulle violenze di cui è vittima.
Dal 18 al 31 dicembre espone Costantino Gradilone.
Un ringraziamento all’associazione Gruppo Dinamo per questo omaggio alla donna, per la disponibilità e la sensibilità dimostrata."
Cristina Becchi

Assessore alla Cultura
Comune di Borgo San Lorenzo


RIFLESSIONI SULLA MOSTRA “MATER”
UNO SGUARDO SULLA MATERNITA’
In questi ultimi anni la violenza contro le donne e sulle donne, sta toccando livelli preoccupanti , e come le cronache spesso riportano, si tratta prevalentemente di una violenza consumata tra le mura di casa, in famiglia, agita da mariti, fidanzati; uomini il cui  amore e affetto arriva a capovolgersi in odio fino alla morte. Forse tra le tante cause possibili potremo vedere questo triste fenomeno anche come il sintomo perverso di tanti cambiamenti avvenuti nella nostra società, nella famiglia e nella soggettività che contraddistingue uomini e donne del nostro tempo.
La violenza rappresenta sempre il fallimento di una elaborazione e quindi la perdita di una possibilità di superamento, di recupero, di ri-scoperta dell’altro.
La violenza sulla donna è il fallimento di un discorso, un attacco alla generatività, forse un attacco invidioso a quel potenziale di cui la donna è biologicamente e psichicamente portatrice e di cui, talvolta, lei stessa non ne è pienamente consapevole.
E’ a quel potenziale che dobbiamo la nostra vita, la vita stessa, alla costanza di un’attesa, alla protezione di un grembo materno che ha creduto nella forza biologica di un corpo sotteso ad accogliere, a generare, seppur nel silenzio e nell’oscurità; senza sapere e senza vedere, sostenuto prevalentemente dal desiderio e dall’immaginario.
Oggi sembra che la gravidanza non abbia più mistero o zone d’ombra.
In effetti oggi molte cose sono cambiate e vediamo quante più madri sono capaci di crescere da sole i propri figli, sempre più capaci di esercitare anche una funzione normativa, sebbene, a volte, pericolosamente attratte dall’occupare quel “posto vuoto” spettante al padre o a chi per lui.
Ma se oggi sono tanti i modi in cui una donna può realizzare il suo desiderio di diventare madre, quello che forse non è molto cambiato, ma rimane un tratto strutturale della nostra realtà psico fisica è il rapporto materno, la relazione madre-bambino. Quella particolare esperienza che dalla pienezza di un corpo gravido si dipana, attraverso il senso della perdita, nella strutturazione dello stretto legame tra la madre e il neonato. Una simbiosi profonda, dove la madre si predispone all’altro in una sorta di reciproca onnipotenza. Esperienza non esente da tanti vissuti, spesso in contraddizione tra loro, o da moti psichici che riportano la donna alla necessità di tornare a sondare antichi legami.
Esperienza di un legame dove si gettano le basi della nostra strutturazione psichica, una sorta di fondamenta per costruire una solida casa a venire. Tuttavia anche questa sorta di irrinunciabile idillio dovrà seguire i percorsi della separazione e della perdita dell’ “illusione”, se vogliamo che quel bambino cresca nel desiderio di diventare grande e autonomo.
Lo scenario che oggi si apre di fronte al desiderio di diventare madre è sicuramente molto più ampio rispetto ai limiti di una maternità naturale. Le nuove tecniche della genetica si prestano a dare risposte a desideri che un tempo restavano relegati nell’impossibilità, oppure nell’immaginario, sforando, talvolta, quel senso del limite che tradisce la nostra perenne intolleranza alla frustrazione e alla mancanza.
Di fronte al desiderio materno, la mancata maternità rappresenta spesso il dolore più grande che una donna, o una coppia, si porta dentro. Le nuove tecniche di fecondazione se da un lato vanno incontro alla possibilità di esaudire un desiderio, dall’altro generano questioni che non sempre sono esenti da interrogativi anche di tipo etico.
Se la tecnica si pone al servizio del desiderio, ma come “braccio lungo” dell’immaginario che accompagna il senso di onnipotenza insito nella soggettività di tutti noi, oltrepassare quel senso del limite diventerà l’obbiettivo dominante e non sempre esente da sofferenza e interrogativi.
Forse ogni maternità è al suo interno che può trovare il coraggio, la possibilità e il suo limite per potersi o no realizzare, in altre parole, all’interno di uno spazio di pensiero e di responsabilità dove poter interrogare il senso di quel volere “ad ogni costo” che spesso spinge una donna o una coppia verso il difficile e particolare percorso di “fare” un figlio.   
Pur riconoscendo quanta complessità accompagna il tema della maternità, e in quanti modi ha attraversato i cambiamenti sociali, politici, medico scientifici fino all’arte e alla cultura, quello che forse occorre riscoprire è forse una sorta di gratitudine nei confronti della madre, di quel potenziale materno che ogni mano violenta tenta di cancellare.

Patrizia Cammunci

Mater
 … un distacco dalla propria natura?

 Pre-fazione …

Mater Matuta, Dea italica della luce del mattino e protettrice delle partorienti, è  uno degli esempi  della nostra cultura. Il risveglio del giorno è nascere ogni giorno, partorire una nuova necessità è affacciarsi al tempo.

Nel “percorso”umano la figura femminile, e nello specifico la donna che è madre o sta per diventarlo , rimane pur sempre un mistero. E’ l’attesa che genera una tale relazione tra una realtà evidente e un’altra puramente simbolica, entrambe colme di aspettative esistenti.
Nella tradizione cristiana, ma possiamo definirla occidentale, la figura della madre diventa, nel medioevo, icona essenziale per ristabilire la centralità e la purificazione della fede: la madre è vergine e pura, immacolata ma nello stesso momento fonte di pietà e assisa alla resurrezione dell’amore femminile come unica custode del figlio di Dio.
L’importanza della maternità nelle culture primitive e arcaiche si motivano con la genesi della natura: la terra è madre e generatrice dell’esistenza e di ogni possibile evoluzione; diventando l’equivalente alla terra feconda che fa nascere la vita terrena.  Il cammino dell’evoluzione e la sua determinazione in concetti e in esempi, codifica ogni forma naturale in un ruolo, al punto di creare una vera e propria ideologia, o se vogliamo  fede, associando ruoli e comportamenti alla donna.

Il processo culturale, sia sociale che artistico ( che è quello che adesso a noi interessa), cammina seguendo l’evoluzione antropologica umana. L’arte corrisponde benissimo a ciò che si evolve, diventando icona di rappresentazione o denuncia di un involuzione, ma rimanendo legata a concetti che la cultura via via trasmette. Questo progetto, dove 7 artisti entrano in gioco non solo con un tema complesso  ma anche con un luogo che è diverso da una sala espositiva, è l’interpretazione di un pensiero che si trasforma in immagine riconoscibile.
Per questo ogni artista prende dalla storia messaggi e iconografie adatte per evidenziare una propria concezione.  Per ognuno di loro è diversa la scelta, al punto che ogni legame culturale può essere utile: da una visione arcaica e classica a quella religiosa, fino a toccare processi della scienza e della psicologia, della letteratura e della mitologia, fino alla magia delle favole e dei racconti. Potremo quasi azzardare che le opere di questi artisti entrano in un postulato, in un’attesa, un periodo di prova che ha nel tempo di chi passa e si sofferma una reazione, diventando così un’affermazione. In un certo senso postulati simili all’accaduto della storia – dalla religione alla scienza, dalla magia all’ideologia – al punto di “mistificare”, in senso artistico, ogni concezione sociale e culturale.
La storia  ha plasmato l’uomo e l’uomo stesso senza la storia non formula alcuna vita. Per questo il passato lascia comprendere il presente e annunciare il futuro e senza questa intersezione temporale non avviene niente. Chi elegge il presente a unica manifestazione di verità non può comprendere il vero sguardo “profetico”.

Post-fazione …

Il tema del progetto invita ad una riflessione : madre e maternità, un’ esigenza naturale, uno scopo sociale, una predisposizione dell’essere. Ognuna di queste affermazioni possono convivere l’una nell’altra, al punto di non trovarci alcuna  differenza, tanto sono equivalenti che necessitano solo di corrispondere. Ed è naturale che ciò avvenga , quello che è incomprensibile è che si debba ancora precisarle, come se dovessero essere rimarcate e riconsiderate. Per questo, essere madre, in prima istanza è essere donna e l’esserlo è una normale esigenza della vita. Esiste la vita perché è donna e questo è così palese che volerlo ancora affermare offende l’esistenza.

Ognuno dei sette artisti prende a “modello”un atteggiamento, una specifica dimensione sociale per renderla concettuale, nel senso che un segno della storia umana diventa il presupposto per enunciare un messaggio. Come ho detto in precedenza, gli argomenti scelti dagli artisti percorrono un sentimento e per questo possiamo trovarci riferimenti magici, simbolici, di fede e mitologici. Ognuno di loro raccoglie dalle iconografie del passato o del presente la giusta “didascalia” per rendere visibile il visibile. Al punto che ogni segno, che diventa immagine, rappresenta una propria visione. Dove il messaggio denuncia o afferma una posizione e le installazioni artistiche diventano percorso esplicativo; un probabile dialogo tra osservatore e il  profondo  desiderio dell’artista di creare una sintonia.
Entrare in sintonia, per gli artisti, con chi osserva, ma di più con un tema come questo, mette e crea subito una dimostrazione delle differenze. Se da una parte lo scopo è più sentito verso una decisa denuncia, le immagini presentate porranno delle domande immediate e delle prese di posizione. Se invece l’artista sceglie e sente di corrispondere attraverso una più lontana immediatezza, trasportando dalle abitudini culturali o da esempi della storia fede o tradizioni, il lavoro artistico si presenterà con metafore o simboli che non sono subito riconoscibili, ma che cercheranno di entrare in una visione più ampia e, forse, più orfica.

Questo breve preambolo serve come indicazione e premessa a ciò che gli artisti installeranno in questa serie di appuntamenti. Entrare nello specifico dei lavori potrebbe condizionare l’osservazione, per questo mi limito a pensare all’insieme di tutte le installazioni artistiche, anche perché è l’idea stessa dell’evento e il luogo di dove si svolgono che lo chiede.  É un momento di passaggio, un frangente dove una riflessione fatta di segni e concetti è a disposizione del proprio sentire e non serve alcuna spiegazione, serve solo la riflessione.

… un distacco dalla propria natura è l’atteggiamento che sorvola gli artisti per penetrare verso una condizione esistenziale, dove il continuo pregiudizio martella, ancora, coscienze e comportamenti. Allora l’arte si distacca da una contestualizzazione puramente evocativa, o peggio commemorativa, entra nella storia umana e sceglie di provocare “ambigue” dimostrazioni per scardinare l’ovvietà di una celebrazione, cercando di interagire con una visione profonda e anche contraddittoria, ma nel senso originario del termine.  

Ed ecco che entra in gioco l’attesa, una visione solitaria, quasi metafisica, con una pittura riconoscibile nelle sembianze e nella formalità espressiva, ma con un audace mistero che, nell’oscurità dell’ombra, fa apparire segni inconsueti, magie di altri mondi o spettri di un incubo da svelare. Una forma emotiva, altrettanto limitata come quella dell’energia che tramuta in dramma un fardello intollerabile. (Costantino Gradilone)  
Il movimento muta, cambia come cambiano l’espressioni e diventano immagini stampate, scenari dal sapore magico e antico, decodificati da presupposti primitivi in gravidi riferimenti naturali. Piani sovrapposti in scenari infiniti; universi naturali tra lune e corpi che si formano in infinite geometrie, fino a raccogliere frammenti esistenti di arnesi magici per trafugare, nel magma esistenziale, l’essenza vitale. (Antonio Giachetti)
Il distacco cresce con il desiderio di mettere in evidenza un simulacro visivo, quasi una cariatide che non sorregge nulla ma che tiene, sostiene in se la propria esigenza, e diventa scultura.
Bianca, isolata, quasi irriconoscibile proprio nella sua esattezza informale. Allora diventa il centro dell’attesa, del preambolo concettuale di un possibile avvento, fino a defluire in un amniotico avvolgente che non lascia traccia, se non in segni o parole. (Tiziana Salvatici)  
La fede sorvola il bisogno e appare dipinta, quasi a celebrare la fecondità invisibile. In estasi è la madre, in attesa e rassegnata dalla stupefacente conquista di un sogno. Colori bizzarri, segni “acerbi” ma intensi d’espressività  in  un recinto storico e in una iconografia chiara, dove appare l’evento. Credere nel miracolo, spinge la pupilla dilatata fino a presentare l’avvento divino in una “natalizia” consuetudine. ( Carlo Maria Nobile)
Il racconto, la magia, si adatta al peccato o alla verità nascosta e declama il dramma, al punto di accedere, in forma di rinascita a una morte. Una figura materna, forse senza saperlo, si immerge nei liquami esistenziali e affiora senza peccato nella sua stessa originalità. L’approdo non esiste, rimane la feconda realtà di un simulacro ovale; una perfetta vergine terrena che non sembra sgomenta per l’annuncio, non può saperlo, dorme. ( Erika Pinzani)
La profanazione del corpo si frantuma in infinite negazioni al punto di obbedire alla sola vanità.
E diventa possibile la violazione : l’artificialità della maternità compone il dramma in un involucro e
in sostanze sconosciute, fino ad annullare ogni benedizione e trasformare il mistero in angoscia.
Dal grembo materno si strappano i sentimenti e si isola ogni esperienza naturale e, né carne né sangue possono reagire, ciò che rimane sono gemiti d’argilla. (Paola Margheri)
L’attuale verità si mette in scena, attori reali e riferimenti naturali: animali e umani, corrosi dalla furia della caccia e dallo spavento. In recinti soprannaturali e in soccorsi resi difficili da false speranze e, si rirappresenta lo sterminio. Lo vediamo in un de profundis vitale, dove nella sua forma descritta al femminile, tra madri urlanti e sguardi di cuccioli spauriti in fredde foreste, entra l’immagine di una tragedia, tra gli applausi di cechi spettatori. (Paola Venturi)

Se soltanto questa “occasione” potrà  porre anche solo una riflessione, e dove il vero spirito possa ridare sede alla sua originalità, queste esposizioni artistiche avranno creato una corrispondenza  da cui cogliere un principio : … è ancora la Figlia di Dio a portare in eterno la sola croce dell’esistenza?

Massimo Innocenti